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Santo Biondo: "La Calabria non vuole più avere né padrini né padroni. Il riscatto di questa terra è nelle mani dei calabresi"

Giuseppe e Stefano sono due giovani ingegneri calabresi. Amano definirsi nexter: innovatori. Cervelli in grado di guardare avanti, di vedere cose che ancora non esistono e di realizzarle. Sono due imprenditori multimediali, due eccellenze di questa regione che hanno dato vita ad “Altrama”: una start up vincente con sede a Cosenza.

Giuseppe e Stefano sono due dei tanti giovani formati dalle nostre università e della loro inestimabile valenza culturale. Atenei che, però, spesso soffrono per il disinteresse istituzionale e che meritano la massima attenzione, perché sono il cenacolo culturale in cui crescono gli uomini e le donne del domani; in cui maturano le idee che possono rivoluzionare il nostro modo di vivere e di rendere ancora più bella la nostra Calabria.

La loro storia, come tante altre che gli somigliano, ci fa ben sperare. In Calabria non tutto è perduto. Ci sono gli spazi per vincere la sfida più importante e ritornare a essere protagonisti della rinascita del nostro territorio; di una regione che non può, però, privarsi di queste brillanti menti, perché loro sono la nostra speranza.

Abbiamo bisogno di giovani come Giuseppe e Stefano, delle loro idee. Ne abbiamo bisogno per capire il nostro futuro, per programmare la nuova Calabria dove non tutto è perso. Sulle intelligenze fertili della classe dirigente del futuro si basa la speranza del definitivo riscatto.

In questa regione non tutto è perduto. In Calabria è avvertita l’urgenza di valorizzare le eccellenze locali. E’ una lotta contro il tempo per creare le condizioni utili a bloccare la loro fuga, per valorizzare le nostre eccellenze. Sono diverse le esperienze positive esistenti e che oggi vogliamo mettere in risalto.

La Calabria con il suo mare, i suoi monti, il suo clima, la sua storia, le sue tradizioni, la sua cucina, in poche parole con le possibilità offerte dal turismo, quanta ricchezza e quanta occupazione potrebbe essere in grado di creare per quei giovani che, nonostante siano costretti a vivere lontano dalla Calabria, hanno intatta la voglia tornare a casa.

Milano è riuscita ad attrarre milioni di visitatori grazie a un evento di valenza mondiale ma di durata limitata. Non riesco a capire perché questa regione, con le sue innumerevoli bellezze, non riesca a vivere di turismo.

La cultura, la valorizzazione dei beni archeologici e paesaggistici, è una fonte di reddito che può e deve essere valorizzata, riorganizzata, goduta e resa più efficiente.

In questo contesto, ci rende particolarmente felici la notizia della prossima riapertura del Museo della Magna Grecia che, grazie ai Bronzi e alle migliaia di tracce storiche della Calabria, sarà una vetrina decisiva per il bene di questa terra. La bellezza delle nostre aree interne è un patrimonio inestimabile. Il distretto agroalimentare, con i suoi punti di forza e le sue contraddizioni, rilancia il made in Calabria in tutto il mondo.

Certo, davanti a questa fotografia a colori stride l’immagine fosca che è arrivata da Locri, dove un incendio di natura dolosa ha seriamente danneggiato una ditta di trasporti ma, soprattutto, mortificato la storia e i sacrifici di un’azienda familiare che per anni ha dato lavoro a tante maestranze, finendo per offrire all’esterno l’immagine di una Calabria dove è difficile fare impresa.

Non si può accettare questa aggressione inusitata. E’ un segnale pesante, che offusca il modello positivo che siamo impegnati a trasmettere. Un attacco criminale che, purtroppo, ha rischiato di provocare nuove emorragie occupazionali, per fortuna scongiurate dall’impegno dell’imprenditore preso di mira.

Davanti a tutto questo è sempre più importante rimanere, resistere e combattere, usando le armi della legalità, della cultura, del lavoro e dei giovani. E noi non ci sottrarremo a questa battaglia, scenderemo in campo con determinazione.

Oggi, da questo palco, davanti a una platea in cui è rappresentato un pezzo del nostro domani, voglio rilanciare con forza il messaggio coniato da don Pino Demasi per la rinascita del territorio: “Restare per cambiare. Cambiare per restare”. La Calabria è una terra bellissima, la Calabria è una terra per chi non ha paura.

Oggi e qui diciamo chiaramente che non vogliamo più avere né padrini né padroni. Oggi è giunto il momento di uscire dal ricatto della criminalità organizzata, che strozza il futuro di questa terra, e promuovere la riscossa della Calabria. I tempi ormai sono maturi per dare concretezza alla voglia di riscatto sociale che giunge dalla società calabrese. Lo dobbiamo ai tanti giovani che ci stanno ascoltando. Lo dobbiamo fare per loro che sono la speranza di questa regione, ma anche per i loro genitori.

Lo vogliamo fare.

Cgil, Cisl, Uil calabresi sono pronte a scendere in campo, a schierare tutti i propri quadri dirigenti, i propri iscritti e le proprie iscritte nella partita in gioco contro la criminalità organizzata insieme agli altri attori sociali. La criminalità organizzata usa le minacce per mettere un bavaglio alla legalità, per mettere a tacere le voci di coloro che non hanno paura di prendere chiaramente posizione nella lotta alla ‘ndrangheta, di coloro che hanno scelto di stare dalla parte dello Stato. Uil, Cgil e Cisl non si faranno da parte e, senza tentennamenti, scenderanno in piazza contro quei padrini che, con le lettere di minacce e le cartucce, credono di poter fermare quel progetto di liberazione sociale che si muove sulle spalle forti di sindacalisti senza compromessi, magistrati senza paura, amministratori senza scheletri negli armadi, imprenditori, commercianti, cittadini senza macchia e giornalisti con la schiena dritta. Da questo palco lo ribadiamo con forza e convinzione: non abbiamo  né padrini, né padroni; la Calabria non deve avere né padrini, né padroni. La solidarietà ormai non basta più.

La società rischia di essere invasa definitivamente dal cancro del malaffare e della criminalità. Bisogna alzare le difese immunitarie della società civile e, in questo scenario, l’istituzione scolastica è chiamata a giocare un ruolo di formazione decisivo. E’ necessario prevenire la logica mafiosa agendo da cittadini nel rispetto delle leggi e, soprattutto, impegnarsi per la nascita di un nuovo civismo. Questa è un’azione di fondamentale importanza alla quale bisogna improntare ogni comportamento, alla quale bisogna indirizzare il vivere quotidiano di ogni distretto culturale, di ogni ambito professionale.

Bisogna sostenere il lavoro di chi opera per la legalità, è una battaglia di democrazia e civiltà. Al Governo chiediamo più uomini e mezzi contro la criminalità organizzata, più attenzione alle richieste che arrivano da questo territorio e dalle denunce dei magistrati impegnati nella lotta alla criminalità organizzata. Sosterremo sempre il lavoro di chi opera per la legalità, di chi è impegnato in una battaglia di democrazia e civiltà.

In Calabria sono urgenti risorse straordinarie ma durevoli. Strumenti investigativi moderni. E’ necessario potenziare quegli uffici giudiziari che, a causa di una atavica disattenzione istituzionale e politica, sono ancora oggi eccessivamente sottodimensionati rispetto alle reali esigenze della lotta alla ‘ndrangheta. Rimuovere quelle strozzature che rischiano di vanificare l’intenso lavoro di indagine portato avanti dalle Procure della Repubblica e dagli investigatori calabresi.

Decisivi, quindi, potranno essere seri investimenti in intelligence, in magistrati, in strumenti di indagine. Impegni economici e strutturali  che siano svincolati da ragionamenti di spicciola contabilità demografica.

Siamo convinti, per dirla con Giovanni Falcone, che: “Occorre compiere fino in fondo il proprio dovere, qualunque sia il sacrificio da sopportare, costi quel che costi, perché è in ciò che sta l'essenza della dignità umana”.

Oggi è arrivato il momento di fare rete, di alzare insieme un argine contro la criminalità organizzata. La posta è troppo alta per rimanere indifferenti. In gioco c’è il futuro della Calabria e dei suoi giovani, il domani di una terra che la ‘ndrangheta vuole tenere sotto scacco. E quanto accaduto in questi mesi è la dimostrazione plastica di quello che stiamo dicendo.

La Calabria, però, non è solo malaffare. Questa regione presenta tanti distretti di eccellenza. Intanto, il porto di Gioia Tauro, che è stato capace in questi ultimi anni di resistere alla crisi. Un tesoro che la natura ha regalato alla Calabria, dotandolo di una posizione strategica e dei fondali giusti per vincere la sfida con gli scali italiani ed esteri. Un tesoro che, però, deve essere consacrato definitivamente dalla Calabria. 

La decisione sull’autorità portuale è un fatto importante per lo sviluppo logistico del Mezzogiorno; rimette al centro del Mediterraneo questa importante struttura portuale. Adesso, però, è necessario arricchire di contenuti questa decisione, è di fondamentale importanza capire quali saranno gli investimenti che il Governo vorrà indirizzare su Gioia Tauro. E’ essenziale capire quali provvedimenti saranno assunti per rendere il suo bacino maggiormente competitivo e rendere attrattiva l’area industriale che si sviluppa nel retro porto. E’ basilare blindare questo progetto rispetto alle gelosie e ai campanilismi che stanno crescendo in queste ore. Le stesse gelosie e campanilismi che, senza l’attenzione del Governo, rischiano di danneggiare il percorso che porterà alla ormai prossima nascita della Città metropolitana di Reggio Calabria.

Ma la Calabria non è solo il porto di Gioia Tauro. Non posso non evidenziare anche le performance del sito industriale di Torre Lupo. Le ex Omeca, senza tentennamenti, hanno raccolto la sfida lanciata dai giapponesi della Hitachi e, grazie a professionalità giovani e preparate, non hanno fermato le proprie commesse e, senza soluzione di continuità hanno messo sui binari italiani ed europei treni moderni ed efficienti.

Così come non posso sottrarmi dall’evidenziare le potenzialità della Nuovo pignone di Vibo Valentia o delle tante piccole e medie imprese che arricchiscono il tessuto economico della provincia di Cosenza.

Queste esperienze produttive ci dicono che è possibile ritornare ad essere protagonisti del nostro futuro. Siamo convinti che si debba rimanere e combattere in Calabria e per la Calabria, stimolando una rivoluzione culturale che amplifichi la partecipazione civile dei cittadini.

Con voi oggi, però, vorrei parlare anche di dignità. Di quella dignità degli uomini e delle donne, degli anziani e dei giovani calabresi, che non viene rispettata in questa terra troppo spessa dimenticata dalla politica che conta. Quella rispettabilità che si ottiene solo con il lavoro; un lavoro giusto, moderno e nel pieno rispetto della legalità. Il binomio sicurezza e sviluppo è inscindibile.

Oggi, drammaticamente, la vera emergenza della Calabria è il lavoro. Lavoro precario, in nero, sotto pagato. Quello che è un diritto costituzionalmente garantito, purtroppo, in questa terra si trasforma in una merce di scambio.

In questa regione per troppo tempo si è usato il miraggio dell’occupazione per ottenere consenso politico e non solo.

Ci si umilia davanti al padrone, sempre più spesso con un lungo curriculum criminale alle spalle, per avere in cambio – per favore – un posto di lavoro. E’ una cambiale in bianco che firmiamo con il malaffare. Prima o poi, chi ti ha staccato questo pagherò, viene a chiederti il conto, vuole restituito il favore iniziale. E’ un circolo vizioso del quale non si vede la fine. Un tunnel senza via d’uscita.

Sono troppi gli uomini e le donne calabresi che, ancora oggi, non hanno un’occupazione. La loro libertà è ristretta, impedita dalla mancanza di una prospettiva. Senza un lavoro è sempre più difficile rendersi liberi dai condizionamenti della criminalità organizzata e delle pratiche di illegalità in senso generale.

La Calabria ha fame di lavoro legale che può essere generato solo attraverso investimenti pubblici e privati ormai assenti da anni in regione.

Le statistiche di questi ultimi mesi ci dicono che la forbice fra il Nord ed il Sud del Paese si sta divaricando sempre di più. A un Nord ricco, si contrappone un altro pezzo della penisola che non riesce a venire fuori dalle secche di una crisi economica senza precedenti. Trasporti, infrastrutture, servizi, sanità, istruzione. Non c’è un settore che sia all’avanguardia o, quanto meno, portatore di quegli standard propri di un Paese civile.

Questa regione è stata tradita dal proprio ceto politico e dirigente che, negli anni, è parso più attento alla propria rendita di posizione piuttosto che alle istanze del suo territorio.

Dalla Calabria si scappa, i suoi ritardi spaventano. In Calabria è a rischio la normale convivenza. Davanti a questo stato di fatto, troppo spesso, ci sentiamo disarmati. Siamo convinti di essere seduti su di una bomba sociale pronta ad esplodere da un momento all’altro. Disarmati ma non scoraggiati. Non si può più perdere tempo. Serve legalizzare il mondo del lavoro.

Come abbiamo scritto nella lettera al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione della sua visita in Calabria: “Non esistono ricette miracolose per fa ripartire la Calabria e il Mezzogiorno. È possibile però evitare di ripetere gli errori commessi in passato. Sul piano nazionale, con il Masterplan per il Sud, si rischia la stessa frammentazione di progetti già vista in passato. Se il Sud rappresenta, veramente, una risorsa cruciale per il Paese la risposta ai ritardi del Mezzogiorno non può che essere di valenza nazionale. Non può che passare da un intervento governativo di sistema”.

E’ urgente alzare un argine democratico davanti alla colonizzazione imposta dalla ‘ndrangheta. E’ determinante far ripartire gli investimenti pubblici e privati, per far ripartire l’economia e far crescere l’occupazione. E’ essenziale puntare sulle politiche attive del lavoro, ripensarle in ottica moderna e produttiva, uscendo da uno scenario fatto di un eccessivo ricorso agli ammortizzatori sociali in deroga. E’ decisivo costruire un muro contro l’abuso del lavoro irregolare e azzerare la pratica incivile del caporalato.

In questa delicata fase storica siamo pronti a fare autocritica, siamo determinati a riaprire il confronto costruttivo con le istituzioni; a portare avanti progetti concreti, spendibili, facendo fronte comune con l’amministrazione regionale. A rinsaldare quel fronte aperto con la sottoscrizione del “Patto per la Calabria” che, però, si è arenato davanti alla inspiegabile chiusura dei piani alti della Cittadella regionale.

Al governatore Oliverio vogliamo lanciare una sfida. Si faccia portatore, davanti al Governo, di un progetto strutturale che sia in grado di creare mille posti di lavoro. Mille nuove occasioni occupazionali che, mettendo in ordine la miriade di strumenti normativi di finanziamento pubblico, siano in grado di offrire una speranza alla vasta platea di calabresi – giovani e precari – che vogliono investire sulla propria terra: una terra che con il lavoro, quello sano e moderno, vuole liberarsi dal giogo criminale che la sta soffocando. Si proceda alla razionalizzazione del progetto “Garanzia giovani”, lo si metta a regime, lo si renda concreto e spendibile verso quella vasta platea di giovani e di precari calabresi che non vogliono lasciare questa terra. Noi saremo pronti al confronto costruttivo, saremo pronti a ragionare sulla contrattazione e sulla sua eventuale deroga.

Al premier Matteo Renzi, poi, mandiamo un messaggio preciso: rimetta al centro della sua agenda politica di governo la Calabria e dalla Calabria, ultima fra le regioni del Mezzogiorno, si ritorni a programmare uno sviluppo della macro area Sud che è sempre più fondamentale per far ripartire il Paese.

Per questo crediamo che sia giunto il tempo di pensare un Piano straordinario per l’occupazione in Calabria. Un piano di medio termine che impegni lo Stato almeno per i prossimi cinque anni in una nuova politica industriale. Siamo convinti che sia matura la stagione politica per dare vita ad un Fondo unico per l’occupazione che, disboscando il parco degli incentivi, metta a regime i finanziamenti europei con quelli nazionali e regionali.

A queste azioni è di fondamentale importanza avviare politiche mirate all’alleggerimento della pressione fiscale, soprattutto nei confronti delle piccole e medie imprese – che sono l’ossatura dell’economia calabrese – e del popolo delle Partite Iva per cui non possono bastare le predisposizioni previste del disegno di legge che a breve arriverà al vaglio del Parlamento.

Un’attenzione particolare, fra le altre cose, deve essere prestata al superamento del gap infrastrutturale che allontana la Calabria dal resto del Paese e al ripristino del diritto ad una sanità buona, efficiente e libera dagli interessi mafiosi.

Allo Stato, infine, chiediamo di battersi insieme a noi contro la piaga della corruzione che incide, con costi altissimi, sul futuro di questa terra. Alla politica domandiamo maggiore attenzione nelle scelte e sollecitiamo più zelo nelle prassi amministrative per anestetizzare sul nascere le richieste di corruttela.

Oggi, e concludo, come direbbe Giovanni Falcone: “Contano le azioni e non le parole”.