La quota destinata alla Calabria è davvero irrisoria e, naturalmente, insufficiente a dare risposte alla grande platea di lavoratori che usufruisce di questo ammortizzatore sociale. Il Governo ha deciso di cambiare passo e sta lavorando per togliere ossigeno alle politiche passive e alle vecchie pratiche di gestione delle crisi occupazionali. Lo sta facendo cambiando passo celermente e rischiando di dimenticare quelle regioni, come la Calabria, che ancora oggi sono in ritardo su questo percorso innovativo. Fino al 31 dicembre del 2016 per le richieste dei “derogati” saranno messi a disposizione poco più di 350 mila euro, il 5% dello stanziamento totale che si aggira sui 7 milioni di euro. Si tratta di una cifra che non può coprire le reali necessità di un bacino, qual è quello dei lavoratori in mobilità in deroga calabresi, per il quale non basterebbero nemmeno i 7 milioni messi a disposizione dai ministeri del Lavoro e dell’Economia.
Questa regione, la sua classe dirigente, non può permettersi di restare indietro lungo la strada del cambiamento, della modernizzazione e della produttività. La Calabria deve voltare pagina, deve avere la forza di chiudere con le pratiche abusate del passato.
Questo territorio, troppo spesso maltrattato, deve tornare a essere protagonista del suo futuro e potrà farlo solo a condizione che la classe di governo calabrese decida di prestare attenzione ai mutamenti economici e sociali che contraddistinguono la società calabrese e, soprattutto, dimostrarsi capace di aprirsi al confronto con le organizzazioni sindacali.
Il presidente della Giunta regionale deve avere la forza e il coraggio di chiudere la pagina dell’assistenzialismo e puntare con decisione alla programmazione attiva delle politiche del lavoro.