Ad oggi risulta incomprensibile il rimpallo di responsabilità fra il ministero competente e la Regione Calabria. Davanti all’allarme lanciato dalle Procure calabresi, rispetto al carico di istanze ed allo scarso numero di dipendenti in forza a questi uffici, non è più possibile accettare ulteriori ritardi. Davanti alle richieste che giungono da questi uffici di frontiera, massimamente esposti nella lotta alla criminalità organizzata in territori in cui lo strapotere della ‘ndrangheta è sempre più evidente, non si può rimanere insensibili.
A questi disoccupati calabresi, che sono stati selezionati attraverso un bando pubblico della Regione Calabria e, dunque, idonei a poter svolgere il loro lavoro presso le Procure, non può essere negata una risposta concreta e definitiva.
Insieme a loro, quindi, attenderemo presso la sede della Cittadella regionale gli esiti dell’incontro che si terrà a Roma, al tavolo del Ministero della Giustizia, il prossimo nove di marzo.
Il governo regionale, ancora una volta, non riesce a imporre nel rapporto con il governo nazionale argomenti e competenze proprie e, nel caso specifico, in materia di programmazione delle politiche attive, questo nonostante l’esito del referendum dello scorso mese di dicembre abbia lasciato in mano alla Regione tutte le competenze del caso.
Il presidente della Regione, durante la riunione a Catanzaro, si è assunto l’impegno di garantire il futuro dei mille tirocinanti della giustizia calabrese e di trasformare in concretezza quanto previsto, in termini professionali ed economici, all’interno del bando che era finalizzato all’utilizzo produttivo di questi lavoratori.
Ad ogni modo è opportuno valutare, in mancanza di una partecipazione diretta di Cgil, Cisl e Uil al tavolo romano del nove marzo, la possibilità di dar voce alle istanze di questi calabresi dando vita a un presidio la Cittadella regionale in attesa di risposte concrete dalla riunione ministeriale.